L’amianto/eternit (una volta confermato da studi scientifici come il responsabile dei casi di mesotilioma) è stato messo al bando e, in Italia, non può essere prodotto o importato dall’estero. Anche se l’uso è ormai vietato da molti anni, grandi quantità di amianto restano ancora in circolazione e devono essere opportunamente smaltite.
La Direttiva 1999/77/CE vieta qualunque forma di utilizzazione dell’amianto a partire dal 1° gennaio 2005 e la Direttiva 2003/18/CE vieta l’estrazione dell’amianto, nonché la fabbricazione e la trasformazione dei prodotti in amianto. Qualunque nuova esposizione alle fibre d’amianto nelle industrie del settore primario in Europa è quindi vietata.
La legge fondamentale che disciplina la messa al bando dell’amianto è la Legge 27 marzo 1992, n. 257 che oltre a “vietare l'estrazione, l'importazione, l'esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto” contiene anche le “misure di decontaminazione e di bonifica delle aree interessate dall'inquinamento da amianto”. In particolare l’articolo 12 prevede, nei diversi commi, che è di competenza delle Unità Sanitarie Locali analizzare gli edifici in cui potrebbe essere presente amianto e programmare le attività di rimozione e di fissaggio. Sempre l’articolo 12 prevede che le imprese che operano per lo smaltimento e la rimozione dell'amianto devono iscriversi in una speciale sezione dell'Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti. I rifiuti di amianto, infatti, sono classificati tra i rifiuti speciali, tossici e nocivi.
Il problema dell’esposizione all’amianto continua a porsi nel contesto di attività, come rimozione, demolizione, manutenzione; inoltre la predisposizione dei Piani di bonifica e gestione dei rifiuti, hanno messo in evidenza l’elevato rischio ambientale e sanitario correlato alla notevole presenza di amianto sul territorio nazionale.Perciò, alla luce di queste problematiche, la normativa italiana è ancora in continua evoluzione.